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Società Italiana di Filologia Romanza

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Serve ancora la Filologia romanza?

di Corrado Bologna

 

 

Da anni, invischiati nel corpo a corpo quotidiano con i problemi spiccioli della didattica e della burocrazia accademica, i Filologi romanzi hanno perso di vista, senza accorgersene, la progressiva riduzione di centralità della disciplina nel quadro della formazione umanistica, fino all'attuale, ormai pressoché completa, uscita di scena in rapporto al sistema didattico liceale.
Basterà dare un'occhiata alle linee generali del Ministero relative all'insegnamento della Letteratura italiana negli istituti di istruzione secondaria: «La lingua italiana rappresenta un bene culturale nazionale, un elemento essenziale dell'identità di ogni studente e il preliminare mezzo di accesso alla conoscenza. [...] Al termine del percorso liceale lo studente padroneggia la lingua italiana»*. Quanto alla letteratura, peraltro dichiarata «l'obiettivo primario dell'intero percorso di istruzione», lo scarno fine sembra sia di far nascere negli studenti «il gusto per la lettura». E nel delineare gli «obiettivi specifici di apprendimento» il Ministero decide ora di dislocare «alla fine del primo biennio» (insomma, nel II anno del liceo, età media 15-16 anni) «le prime espressioni della letteratura italiana: la poesia religiosa, i Siciliani, la poesia toscana prestilnovistica».
 In sostanza la parte più difficile della nostra storia culturale e letteraria viene così liquidata senza possibilità di approfondimento, e l'attenzione si fermerà a un profilo linguistico delle nostre Origini. Nel successivo biennio di maggiore maturazione (per capirci, gli anni III, IV e V del Liceo) viene cancellato definitivamente qualsiasi riferimento alle metamorfosi complesse e fondamentali che legano l'antichità alla modernità, cioè il mezzo millennio che usiamo chiamare Medio Evo, che è storia d'Europa, dell'Italia come parte dell'Europa. Lo scopo dichiarato è “fare spazio” alla contemporaneità: quasi che lo sguardo sul tempo nostro non divenisse più acuto osservando il presente dall'antico, e viceversa l'antico non si illuminasse proprio investendolo con l'occhio del contemporaneo. A che è servito pubblicare e studiare Curtius, Auerbach, Spitzer, Contini? A che servono le Lezioni americane di Calvino?
Il supremo ricapitolatore di un'intera civiltà, Dante, smarrisce, al pari di Cavalcanti e dello Stilnovo, nello sguardo critico delle nostre prossime generazioni, l'orizzonte di riferimento senza il quale è difficile coglierne appieno l'assoluto primato fondativo della nostra letteratura e l'altezza culturale, rischiando di sradicarsi dalla storia culturale dell'Europa latina e romanza, per rimanere nella scuola come un “onesto capolavoro” creatore di una base linguistica nazionale, anziché come l'immenso Libro dell'Universo che verrà letto e riletto da tutto il grande Novecento mondiale.
Per evitare le lungaggini della retorica riduco al nòcciolo la questione: assediato e di fatto espulso dall'imperialismo di altre discipline il gruppo disciplinare FIL-LET/09, Filologia e linguistica romanza, è stato cancellato dalla griglia formativa proposta agli insegnanti di Letteratura italiana nelle superiori. Si controlli, per favore, il sito ministeriale anche al di là dei punti di interesse universitario. Studiando attentamente quali discipline siano alla base della preparazione dei professori degli Istituti superiori (e mi limito alla materia più importante, l'Italiano) si scoprirà che essi andranno ad insegnare avendo studiato, oltre ovviamente alla Letteratura italiana, solo la Letteratura moderna e contemporanea, la Linguistica italiana, la Linguistica generale, la Didattica delle lingue. La Filologia romanza non c'è. Non serve più, sembra.
I presenti ricorderanno lo scandalo che produsse, anni fa, la prima formulazione della “declaratoria” ministeriale relativa alla nostra disciplina, che riduceva il suo campo di azione allo «studio delle lingue romanze nella fase aurorale». Parecchi di noi dovettero intervenire per far correggere il tiro, e riportare al livello necessario la dignità della Filologia romanza, che solo due decenni fa appariva come obbligatoriamente “fondamentale” nel corso di laurea in Lettere.
Oggi, nonostante in molte sedi universitarie la Filologia e linguistica romanza continui a conservare nei quadri didattici delle Lettere e delle Lingue la centralità che le competono per la sua storia e per la sua posizione epistemologica, sul piano nazionale ciò che avviene sul piano accademico è scollato da ciò che davvero entra nel bagaglio formativo richiesto ad un insegnante di Letteratura italiana nei licei.
Credo che questo elemento di grave crisi culturale, prima ancora che politico-istituzionale, debba divenire un momento di riflessione approfondita nell'orizzonte della SIFR. Forse un intervento diretto e mirato presso il CUN, appena rinnovato, potrebbe ancora offrire una speranza di tornare ad esistere.

 

Corrado Bologna

Roma, 25 gennaio 2011

 

 

* Traggo la frase dal sito http://nuovilicei.indire.it (da qui anche le citazioni seguenti).

 
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© Società Italiana di Filologia Romanza
Sito a cura di
Carlo Pulsoni e Matteo Viale

ultimo aggiornamento di questa pagina: 11 Marzo, 2011