Scrittori stranieri in lingua italiana dal Cinquecento a oggi. Convegno internazionale di studi (Padova, 20-21 marzo 2009), a cura di Furio Brugnolo, Padova, Unipress, 2009.
ISBN 978-88-8098-266-1, II+436 pp., 48,00 euro
Il volume raccoglie gli atti del convegno internazionale di studi “Scrittori stranieri in lingua italiana dal Rinascimento al Novecento” tenutosi a Padova dal 20 al 21 marzo 2009. Per il passato – ed è un passato glorioso che va dal Medioevo alla metà circa del Novecento – si può individuare tutta una letteratura italiana ‘fuori d’Italia’ che non si integra realmente mai, pur dialogando con essa, con quella italiana propriamente detta – quasi ne fosse un corpo separato, anche se ovviamente tributario -, in quanto emanazione di scrittori, artisti e letterati che appartengono fondamentalmente ad altre lingue e ad altre letterature, e che adottano l’italiano solo in occasioni particolari o in circostanze private, ma sempre con viva coscienza linguistica e stilistica, senso dell’alterità e gusto della sperimentazione. Ciò che ne determina anche il fascino particolare. Si pensi non solo a nomi di prima grandezza, che sono ovviamente i più interessanti (da Louise Labé a Montaigne, da Milton a Quevedo, da Joyce a Pound a Murilo Mendes), ma anche e soprattutto allo stuolo dei ‘minori’ e ‘minimi’ che nel corso dei secoli si sono fatti, anche solo temporaneamente e per esercizio o per moda letteraria, ‘italiani’ e per i quali l’italiano ha costituito una lingua di cultura e di comunicazione sovranazionale: poco significativi forse sul piano artistico ma testimoni quanto mai significativi di un tessuto connettivo che collega esperienze a prima vista diverse ed eterogenee e le unifica in una vera e propria costante culturale, si vorrebbe quasi dire una tradizione: quella dell”’eteroglossia europea” e, al suo interno, dell”‘italiano in Europa” (per usare due felici formulazioni di Gianfranco Folena). Non sarà dunque un caso che soprattutto a questi benemeriti esponenti della letteratura italiana ‘fuori d’Italia’ sia dedicata buona parte del volume: dai francesi Odet de la Noue e François Perrot ai greci Kalvos e Martzokis, dal croato Dinko Ranijna all’inglese Thomas J. Mathias, dal tedesco Jagemann al romeno Asachi, e così via.
Indagare gli scritti italiani di questi autori, e degli altri su cui il volume si sofferma (tra cui i ben altrimenti noti Shelley, Solomòs e Christina Rossetti, oltre a Joyce e Pound), significa riportare alla luce tutta una tradizione sommersa di straordinaria importanza linguistica e culturale e contribuire, da una prospettiva particolare, alla conoscenza delle relazioni linguistiche e letterarie tra Italia ed Europa nel corso della storia. È chiaro inoltre che le esperienze alloglotte di tali scrittori possono in molti casi contribuire, se adeguatamente integrate, a gettare nuova luce sulla loro stessa produzione nelle rispettive lingue madri. Si tratta in definitiva – ed è questo l’obiettivo che il convegno principalmente si è posto – di trasformare quelle che finora potevano apparire solo come delle isolate curiosità erudite in un documento organico e rilevante della storia culturale e linguistica europea. (Dalla Premessa di Furio Brugnolo)