Fate. Madri – Amanti – Streghe, a cura di Sonia Maura Barillari, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2012.
ISBN 978-88-6274-429-4, 418 pp., 40,00 euro
Nonostante entità a essa assai simili per natura e funzioni innegabilmente popolino l’immaginario di civiltà antecedenti o del tutto indipendenti da quelle medievali, il naufragio pressoché irrimediabile di fonti scritte, e la scarsa autorevolezza che si è soliti attribuire a quelle orali, fa sì che si tenda a collocare le origini della figura della fata nel medioevo, le cui letterature ce ne restituiscono innumerevoli immagini riflesse, talora nitide, talora evanescenti come inevitabilmente accade quando la ricezione è subordinata alla presenza di un medium – quello artistico-letterario, appunto – a cui in questo caso è a sua volta sovrapposto un ulteriore filtro, quello culturale, indotto dalla spessa coltre di secoli attraverso cui osserviamo queste entità fragili e potenti, dalle indubbie ascendenze surnaturali.
Come sovente accade quando i filtri si sommano e si sovrappongono, anche i fenomeni di rifrazione si moltiplicano, offrendo al nostro sguardo silhouettes che si lasciano intuire sfaccettate e poliedriche, ma di cui non di rado ci è dato cogliere solo pochi lati, vaghi contorni, quelli funzionali al progetto narrativo in cui sono inserite, frequentemente già sottoposti al vaglio e/o alle reinterpretazioni dell’ideologia dominante.
Duttile, versatile, eclettico, polimorfo: tale ci appare il personaggio della fata nella letteratura e, prima ancora, nel pensiero dell’Età di Mezzo. Tanto da rendere difficile stabilirne una fisionomia univocamente determinata. Morgana è sicuramente una fata, nel senso che oggi attribuiamo al termine. Così pure Melusina – e le sue numerose sodali – anche se alcuni aspetti della sua essenza ferica possono turbare le rigide tassonomie della nostra contemporaneità. Ma Isotta? Per certo è una donna, in quanto soggetta alla morte, però possiede poteri taumaturgici, e la madre sa confezionare pozioni di provata efficacia. E Sibilla? Ella stessa conferma al Meschino di non essere fata, eppure è signora di un mondo fatato. E le streghe della val di Fassa? Seguaci della Donna del bon zogo, in nulla credono di offendere il Credo cristiano e sono fermamente convinte di operare in favore della fertilità della terra e della prosperità della comunità…
È questo che si è proposto il Convegno di cui qui si pubblicano gli Atti: investigare gli aspetti meno noti di questa figura profondamente ambivalente – e capace di giungere tale, fra alterne vicende, ben oltre i confini dell’era moderna – attraverso gli strumenti di una ricerca interdisciplinare che sappia mettere a frutto gli insegnamenti dell’antropologia, della filologia, dell’analisi storica e letteraria, dell’iconografia. (Dalla Presentazione di Sonia Maura Barillari).