Lucilla Spetia, Li conte de Bretaigne sont si vain et plaisant. Studi sull’’Yvain’ e sul ‘Jaufre’, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2012.
ISBN 978-88-498-3642-4, 226 pp.
La nota affermazione di Jean Bodel relativa alla tassonomia medievale del romanzo e che dà il titolo al libro, è stata oggetto di interpretazioni diverse, come quella di Robert Guiette che la accettava in quanto tale negando alla matière de Bretagne un sen nascosto; o quella di Cesare Segre che ha piuttosto proposto di capovolgere la gerarchia di veridicità contenuta nel passo della Chanson des Saisnes, poiché il romanzo costituirebbe la vera presa di coscienza della realtà contemporanea, tuttavia non tanto attraverso la descrizione di costumi e usi del mondo medievale, quanto piuttosto attraverso la capacità di analisi delle dinamiche storiche in atto, trasfigurate dalla scrittura. In questo senso l’opera di Chrétien de Troyes si rivela fondamentale, e fra tutti i suoi romanzi proprio Le Chevalier au lion con cui entra in scena nella tradizione dei romanzi di cavalleria la figura del cavaliere errante in cerca di avventure dall’alto valore morale e con una ricaduta benefica sulla sociètà in cui agisce, e a cui si sono ispirati molti romanzi posteriori in lingua d’oïl come pure il rappresentante per eccellenza del genere nella letteratura d’Occitania, il Jaufre, che può definirsi vero erede dell’Yvain. L’ermeneutica intertestuale si è rivelata metodo efficace per individuare chiavi di lettura impensate e comunque significative dei due romanzi, per la messa a punto della cronologia delle opere, infine per ridisegnare la trama culturale entro cui porre e chiarire la tessitura dei due romanzi, che rivelano una capacità di riflessione metaletteraria non comune dei loro autori attenti a esplorare le possibilità espressive del genere ‘romanzo’.