Lucilla Spetia, La dialettica tra pastorella e canzone e l’identità di Carestia: l’anonima (?) A une fontaine (RS 137), Roma, Spolia, 2017 (Media Aetas, 7).
ISBN 978-88-89172-24-7, 170 pp., 12,50 euro
Già edito nel vol XIII del 2017 della rivista «Spolia. Journal of Medieval Studies», il presente saggio costituisce un’ulteriore riflessione sulla questione della pastorella da me più volte affrontata negli ultimi anni, un genere che si rivela centrale nella letteratura delle origini, oltre che a lungo vitale per la sua particolare elasticità strutturale e la forza centripeta che lo connota e che gli consente di accogliere e declinare in modo nuovo e talora inatteso temi e motivi propri ad altri generi lirici. Nello specifico la ricerca ha preso l’avvio dal testo A une fontaine ricordato nel titolo, in cui mi sono imbattuta per caso – come spesso avviene – nel corso delle indagini sulla lirica di carattere soggettivo in relazione alla produzione di Thibaut de Champagne. La lettura di A une fontaine ha rivelato immediatamente dei legami evidenti con le due liriche attribuite a Chrétien de Troyes, D’Amors qui m’a tolu a moi e Amors tençon et bataille, in particolare con il motivo della carestia amorosa da lui propugnato. Tale riconoscimento ha comportato il riesame del complesso dossier Carestia, da cui sono scaturite una conferma dell’intuizione straordinaria proposta da Aurelio Roncaglia nell’ormai lontano 1958, di identificare Carestia con lo scrittore champenois; ma anche una nuova proposta circa lo svolgimento del débat che tanto ha inciso nella definizione dell’ideologia trobadorica e della sua irradiazione nel Medioevo europeo. Non solo, ma l’accoglimento di quel motivo all’interno di una pastorella sui generis come A une fontaine, ha confermato l’esistenza di un rapporto conflittuale e comunque dialettico tra i generi canzone e pastorella. Infine l’analisi approfondita di A une fontaine ha permesso di avanzare un’ipotesi attributiva di un testo destinato a restare altrimenti – e certo ingiustamente – anonimo. La menzione di Aurelio Roncaglia in sede di premessa è voluta. È al magistrale insegnamento di un uomo dalla mirabile e straordinaria sapienza e dall’ironia garbata e raffinata, che debbo la mia passione per le lingue e le letterature romanze medievali. Fu lui infatti a farmi conoscere nel corso delle sue lezioni affascinanti il genere pastorella, a partire da L’autrier jost’una sebissa di Marcabruno e la canzone del gatto rosso di Guglielmo IX; fu ancora lui a introdurmi alla questione Carestia nel corso della preparazione della mia tesi di laurea sul Partenopeus de Blois. Questo saggio allora è il tributo di un’allieva appassionata ad Aurelio Roncaglia, tardivo certo, quanto doveroso, ma soprattutto autentico (dalla Premessa al volume).