I manoscritti degli Ordini mendicanti e la letteratura medievale, a cura di Agnese Macchiarelli, Bologna, Bononia University Press, 2021 (Filologicamente. Studi e testi romanzi, VI, dir. Giuseppina Brunetti).
ISBN 9788869238741, 206 pp., 25 euro
Dalla Premessa di Giuseppina Brunetti
[…] I nuovi Ordini duecenteschi erano sorti, per dirla con Dante, a supporto di una Chiesa in crisi («la provedenza, che governa il mondo / con quel consiglio nel quale ogne aspetto / creato e vinto pria che vada al fondo […] due principi ordino in suo favore, / che quinci e quindi le fosser per guida», Paradiso XI, 28-36) ed erano poi cresciuti, all’interno del concerto degli altri Ordini, assumendo via via connotazioni proprie. Tali ambienti riuscirono poi significativi anche per lo studio della letteratura, la diffusione dei testi e lo svolgersi stesso delle letterature in volgare: la ‘poesia dell’intelligenza’ di Dante, come ebbe a chiamarla proprio Eco, fu così nutrita anche dei libri dei frati; dobbiamo riconoscere come connotata quella celeberrima frase che Dante stesso ci consegna nel Convivio: “come per me fu perduto lo primo diletto de la mia anima […] io rimasi di tanta tristizia punto che conforto non mi valeva alcuno […] trovai non solamente a le mie lagrime rimedio, ma vocabuli d’autori e di scienze e di libri; li quali considerando, giudicava bene che la filosofia – che era donna di questi autori, di queste scienze e di questi libri – fosse somma cosa […]. E da questo imaginare cominciai ad andare la dov’ella si dimostrava veracemente, cioè ne le scuole de li religiosi e a le disputazioni de li filosofanti≫ (Convivio, II, xii, 1-7).
La condizione della lettura dei testi letterari nella Firenze di Dante, la disponibilità effettiva di manoscritti, la presenza efficiente dei testi classici nei bacini librari specifici degli Ordini mendicanti ha costituito la ragione di ricerche pionieristiche2, che trovano origine e significato entro linee di metodo filologico precise. Negli ultimi anni tali indagini registrano un decisivo incremento ed hanno prodotto risultati che, seppure di valore diseguale, ampliano e approfondiscono quella prospettiva di studio. Naturalmente la tangenza dantesca, per quanto illustre, rientra in una più vasta prospettiva che riguarda le linee della costituzione dei saperi occidentali, compresi quelli che riguardano la letteratura delle Origini (dal Ritmo laurenziano al Cantico delle creature al Devisement dou monde di Marco Polo) e osserva il basso continuo dialettico fra testi laici e testi religiosi, prospettiva che trova in saggi come Chierici e laici di Carlo Dionisotti o Testi e chierici del Medioevo di Francesco Bruni (ma anche nei lavori di Peter Dronke o Cesare Segre) nuclei ermeneutici ancora significanti e generativi. Un’indagine come quella qui proposta viene dunque incontro all’esigenza di comprendere meglio la realtà effettiva, testuale anzitutto, assieme alla consistenza reale, alle forme manoscritte cioè, che possiamo ancora filologicamente accertare fra l’uno e l’altro termine del binomio posto a titolo. Un’esigenza che, alla luce delle più recenti ricerche, curate da Agnese Macchiarelli, alcune delle quali si riuniscono qui per la prima volta, anche in sinergia ai significativi lavori promossi da Antonio Montefusco, rivela un’euristica importante e mostra un metodo che – fra i manoscritti degli Ordini mendicanti e le letterature medioevali – ci si augura possa tracciare un segno efficiente e contribuire a far percorrere le strade concrete di diffusione di idee, relazioni e risultati nuovi e fecondi.