Francesco Zambon, Il fiore inverso. I poeti del trobar clus, Milano, Luni, 2022.
ISBN 9788879847995, 512 pp., 32 euro
In quello splendido incunabolo della lirica moderna che è la poesia dei trovatori, uno dei capitoli più singolari e fascinosi è costituito dal cosiddetto trobar clus (“poetare chiuso, oscuro”), cioè da quella corrente stilistica che praticò una scrittura deliberatamente oscura, ermetica, difficile, sia sotto il profilo formale sia sotto quello espressivo: da questa grande esperienza medioevale nascerà l’obscurisme dei Góngora, dei Mallarmé, dei Benn, dei poeti ermetici italiani. Ispirata ai suoi inizi, con l’opera di Marcabru e dei suoi seguaci, alla riflessione cristiana sulla presenza di luoghi intenzionalmente oscuri nella Sacra Scrittura e caratterizzata da contenuti religiosi o morali, tale poetica subì una progressiva evoluzione verso i temi amorosi tipici di questa esperienza poetica e verso una ricerca formale sempre più vertiginosa, che approdò all’invenzione di strutture
metriche come la sestina di Arnaut Daniel, destinata – a partire da Dante e da Petrarca – a una immensa fortuna in tutte le letterature europee. Questo volume contiene la traduzione in versi, rispettosa per quanto è possibile della metrica originale, ma anche scrupolosamente fedele ai
testi, del corpus di componimenti (una quarantina circa) che formano la “costellazione” del trobar clus. I nomi principali, oltre a Marcabru e Arnaut Daniel, sono quelli di Peire d’Alvernhe, Guiraut de Borneil, Raimbaut d’Aurenga. Tutti i testi sono accompagnati dall’originale occitanico, da ampi commenti e da una esauriente introduzione storico-letteraria.